ELLE EST LA #4 articles web
performance-installation
ELLE EST LA #4 articles web
performance-installation
POETICA DEL CORPO FEMMINILE
Simona Perrella
Il Piccolo Bellini, con il suo ambiente familiare ed intimo, si sta interessando ai linguaggi della danza contemporanea. Per questo nuovo anno, ha cominciato con lo spettacolo Elle est là #4 di Valeria Apicella. La danzatrice napoletana fa debuttare nella sua città natale un lavoro di sperimentazione e ricerca sul corpo, il movimento e l’installazione, frutto di tre anni di residenza à la Maison du Théâtre et de la danse (MTD) di Epinay sur-Seine.
In scena : due donne, l’essenzialità del linguaggio espressivo del corpo, elementi naturali, “piccoli”, materiali, e due fisionomie e psicologie umane e sociali.
La Apicella ha deciso di lavorare e sperimentare con un’interprete che non viene propriamente dalla danza, ma dal mimo e dal teatro, Arianna D’Angiò, la cui presenza e resa scenica è molto interessante. Le interpreti entrano come installazioni luminose nello spazio scenico : creano figure animalesche e primordiali con delle lampadine portatili. Il viso, le mani, le gambe : pian piano iniziano a caratterizzarsi, pur rimanendo in una condizione di anonimato ed astrattezza e, quindi, non completa definizione. Ognuna inizia ad illuminarsi a suo modo ed in mondi e realtà parallele. Si percepisce l’attesa, un potenziale di nascita che stenta a diventare atto, ed essere così afferrato. Questo atto che non si compie crea momenti di rabbia, volontà di rivalsa, emozioni confuse e lascia spazio alla relazione con oggetti semplici ed essenziali; dall’altra parte, si nota come quel segno e quella traccia interna si lasciano muovere e generano differenti azioni che attraversano il corpo femminile.
Gli elementi in scena sono bicchieri d’acqua, polvere, incenso. L’acqua permette al corpo di fare un lavoro di scivolamento e sospensione, la polvere viaggia ed unisce, inizialmente nella distanza, le due donne che pian piano iniziano a relazionare, anche se in maniera non del tutto chiara. Si sfiorano, si attraversano, ma non si toccano.
La scelta musicale del lavoro è molto espressiva: all’inizio suoni, diversi, quasi disturbanti, metallici, che fanno pensare a rumori di oggetti meccanici, meccanismi, scandiscono un tempo esterno e la sua pur lieve influenza sui corpi, poi suoni lirici, dolci, dichiaratamente femminili. Nella seconda parte, infatti, le interpreti hanno abiti femminili e tacchi a spillo, ma in volto una rete che le rende, ancora una volta, anonime.
Questa volta è una danza comune che le unisce: una danza di gesti, simbolo (credo) di richiesta e di segnalazione di qualcosa che manca e che sembra essere evocato e chiamato a manifestarsi.
L’impostazione dei movimenti della seconda parte fa pensare alla costruzione di una forza e di una verticalità che crolla subito con una tendenza verso il basso, ritorno al terreno, al punto di partenza per poi calarsi in un processo finale di liberazione dai connotati femminili. La sperimentazione lascia sempre libera interpretazione allo spettatore e soprattutto l’occasione di rievocare un vissuto interiore attraverso la scena. La sperimentazione nella danza contemporanea parte dal porsi un quesito e, come la drammaturgia si compone pian piano, così si struttura il processo fisico, (spazio, tempo, qualità di movimento, relazione con gli oggetti) che è quello che lo spettatore osserva.
Questo lavoro vuole dichiaratamente essere uno studio di ricerca sul corpo, gli oggetti, i suoni, pur avendo un sottotesto ben preciso, evidente e forte. È qualcosa di molto profondo che si pone come una pietra nel corpo di una donna : può muoversi come acqua e fluttuare nel liquido, può rendere il corpo pesante e contratto come un macigno.
Alla Apicella interessa la rilevazione di una poetica del movimento e dello spazio scenico, in cui corpi, installazioni, dettagli si presentano e si rapportano tra di loro per ciò che sono nella loro concretezza. Anche il movimento “danzato” risulta e vuole essere una sperimentazione, nulla di definito, concluso e unilaterale.
Stare in un luogo, in un corpo ed in un processo: è un messaggio forte che ha stimolato il pubblico napoletano del Piccolo Bellini, attento e concentrato.
Simonella Perrella
LEI E LA
Manuela Barbato
La sensazione è che si tratti di un'anima sensibile all'inverosimile e il desiderio di comprenderne la missione è immenso.
Lei è là, quindi se volessi catturarla e impossessartene e renderla tua per sempre, non ti resterebbe altro da fare che deciderti e agire. E invece la lasci fluttuare proprio davanti ai tuoi occhi : la spii, ci giri intorno e quasi l'annusi, ma poi forse ti manca il coraggio.
L'ispirazione prima del gesto compiuto, il pensiero prima dell'atto, il dentro che precede il fuori. Sofferenza e dolore ed egoismo lottano per non partorire, per non dare al mondo quello che vuoi che resti tuo.
Alla fine la coreografia ti costringe alla condivisione e condividere vuol dire rinunciare... ma l'istinto a creare non dorme mai e allora cedi nella speranza che chi ti ha compreso ti dia, per emanazione, il tuo nutrimento.
Manuela Barbato
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
>> ELLE EST LA #4
LA SUGGESTIONE DELLA FEMMINILITA
Chiara Alborino
La danza contemporanea d’autore finalmente approda quest’anno a Napoli, con uno spazio dedicato all’interno del cartellone del Piccolo Bellini, direzione artistica di Gabriele Russo, che cerca di attuare una visione democratica della produzione artistica mettendo insieme spettacoli di coreografi e registi provenienti da percorsi artistici diversi ed eterogenei.
Accanto alla presenza di artisti affermati come Pippo Delbono troviamo nomi meno conosciuti, provenienti sia dal teatro che dalla danza, la cui presenza sembrerebbe evidenziare una specifica volontà di dare spazio e valorizzare linguaggi ed autori diversi, in particolare del territorio campano.
Il primo spettacolo di danza contemporanea in cartellone è Elle est là #4 di Valeria Apicella, danzatrice napoletana che ha lavorato a lungo in Francia per il coreografo Paco Decina e che ritroviamo come protagonista in Dido & Aeneas di Sasha Waltz.
In scena quindi una danzatrice proveniente da un solido percorso formativo, cosa che spesso manca alle nuove tendenze “emergenti” italiane.
Un insieme di quadri coreografici sofisticati suggeriscono dei flash appartenenti all’immaginario dell’artista. In scena due donne, la stessa Apicella e Arianna D’Angio, probabilmente rappresentanti sé stessa ed il suo alter ego. Una sembra incarnare lo spettro di una femminilità caduca, innocente, l’altra la bellezza di una dea.
Buio, fumo bianco, piccole luci alternate ritmicamente ci mostrano parti del corpo delle danzatrici. L’intento autoriale sembra volerci spingere ad osservare i particolari, i dettagli, come i frammenti di corpo (un volto, un ventre, delle ossa, una mano...). Il linguaggio si alterna tra immobilità e dinamicità, tra il gesto e una spazialità sempre strutturata.
E’ del pubblico la capacità di immaginare, di cogliere le suggestioni, come quando la protagonista rincorre un bicchiere caduto che le sfugge, o quando con un ventaglio insegue e scaccia via un pulviscolo sul pavimento.
Apicella, sinuosa e sensuale, al pavimento si lascia scivolare come sull’acqua, ricordando l’enfant terrible de la danse Dave St Pierre; nella lotta con lo spazio emergono fantasmi del proprio vissuto, mentre la donna che cammina sullo sfondo della scena con un ventaglio, come a ricordarci una geisha, segno di nobiltà e regalità femminile, si contrappone alla donna “moderna”, protesa nella ricerca del contrasto tra mistico e profano.
Immagini di sé, di una femminilità che si cela e mai si denuda completamente, alla ricerca di un linguaggio che dall’introspezione si apre al visivo. Nulla è esplicitamente detto o spiegato, semmai suggerito dal corpo stesso, nella ricerca frammentata del senso tra le parti.
E in tempi bui come i nostri fa piacere notare l’entusiasmo del pubblico, capace di cogliere la bellezza della danza pur non capendone magari espressamente i significati. Questa è la forza di un’arte che in Italia necessita sempre più di spazio e strutture organizzative operanti a livello nazionale ed internazionale, per supportare coreografi alla ricerca di un linguaggio in mutamento come è quello della danza contemporanea.
Chiara Alborino